Pier Paolo Capovilla
Intervento sul Catalogo della mostra “CORPI” Gestalt Gallery – Pietrasanta 2010
“Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi puo’ essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita”.
Quanto sono distanti queste parole, pur così belle e giuste, di Enrico Berlinguer. E c osa è accaduto alle nostre vite, per aver guadagnato tanta lontananza da quelle speranze che nutrivamo con l’impegno politico e sociale, con la voglia di giustizia e con il fastidio per la rassegnazione. Nella gola del serpente fa un buio pesto. È forse per questo, che non vediamo niente. Niente di niente. Non vediamo i tanti, troppi abusi, piccoli e grandi che si svolgono davanti a noi, e nelle stesse nostre esistenze. Non vediamo le illegalità, anche quando macroscopiche, che si compiono all’interno della nostra comunità e nel mondo intero. Forse tutto è incominciato nel 1991, con la guerra all’Iraq; per la prima volta scoprimmo il piacere ferino di vedere una capitale del mondo martoriata di bombe. Il più bugiardo spettacolo della contemporaneità. Nulla più ci riguarda. Non la società, non le relazioni sociali, non le guerre, i popoli, il mondo. Stiamo giocando a mosca cieca con la vita.
Fra pochi anni, verrà tolto il bando alla pubblicazione, in Germania, del “Mein Kampf” di Adolf Hitler. Simbolicamente, questo fatto, ci appare come il taglio di un sigillo biblico dalle conseguenze nefaste. Come se quelle fiamme che hanno arso a fondo ed infine cauterizzato l’Europa ed il mondo intero, si fossero definitivamente spente ed il sussurro luciferino, Parigi brucia…, non risuonasse anche oggi in innumerevoli altrove, come una sinistra campana funebre; secondo quel meccanismo imperscrutabile che i filosofi chiamano eterogenesi dei fini. Il buio è la cifra della pittura di Simone Fazio, che ci racconta, con corpi mortificati e mortiferi, illuminati soltanto da riflessi di esistenza immersi in una stazionareità impossibile, ma terribilemnte vera, un po’ di queste tenebre in cui viviamo oggi. È la visione, chiara e allucinata, dell’annegamento nel buio, l’avvilimento, cosciente, del desiderio e dell’aspirazione verso un mondo di luce, di verità, di giustizia. Lo sguardo dell’artista, in questo caso pare lucido come quello di un entomologo, capace di distinguere tutte le fasi evolutive ed involutive di una creatura, in attesa che l’invincibile processo entropico compia il suo operato. Queste immagini galleggiano come cadaveri ancor vivi nell’oceano dell’oggi, e ci pongono una domanda. Cos’altro dovremo ancora sopportare?
Quali frustrazioni, quali disgrazie, quali malinconie attraverseremo ancora? La pittura di Simone Fazio ci grida in faccia la disperazione di una generazione. Dietro questa si cela, imperiosa, l’ambizione di riscatto e di emancipazione di un’ umanità stanca, e senza più punti cardinali.
Pierpaolo Capovilla