Egg Magazine
Valeria Pardini
Intervista di Valeria Pardini
Pubblicata su www.multiegg.it
La Pittura come Poetica del Corpo
Ciao Simone, ti conosco e seguo il tuo lavoro da molti anni. Ci racconti brevemente la tua evoluzione? Da quando hai iniziato ai tuoi ultimi lavori.
Ho iniziato da piccolo, il disegno mi ha sempre attratto molto. A 16 anni, da autodidatta, mi sono avvicinato alla pittura (sebbene frequentassi un professionale d’arte ad indirizzo Grafica Pubblicitaria e Fotografia) e ho scelto di perfezionarmi nel corso di Disegno Anatomico e Chirurgico della facoltà di medicina di Bologna. Il mio è un percorso anomalo: ho iniziato descrivendo il corpo umano, ho proseguito raccontandone l’assenza e ora sto tornando nuovamente al corpo. Non voglio certo dipingere lo stesso quadro per tutta la vita ma, di certo, ho le mie personali ossessioni.
Nelle tue tele spesso il nero è protagonista. sei per caso un ex darkettone? o magari lo sei ancora?
A dire il vero non sono mai stato un darkettone. Non mi sono mai lasciato descrivere da correnti o da etichette: sono un fan dei Nirvana, ma il suicidio di Cobain non ha segnato la mia adolescenza. Diciamo che il mio nero è un nero scenico, una quinta che copre o rivela, uno stato mentale di quiete e riflessione, non meditativo, forse più amniotico.
Come nascono i soggetti delle tue opere? Da dove trai spunto?
Dalla vita. Dalle mie esperienze e da quelle delle persone di cui mi fido. L’insoddisfazione, la frustrazione e l’alienazione sono temi che cerchiamo sempre di nascondere e tenere lontani, ma sono i simboli distintivi della nostra carnalità, della nostra umanità precaria e non permanente. Tutto è destinato a scomparire, cerchiamo solo di lasciare una traccia del nostro passaggio.
È risaputo, che sei parecchio incazzato con il mondo. Qual è la cosa che proprio ti butta fuori di testa?
Invecchiando la rabbia sta diventando rassegnazione: la logica su questa terra è un dono al quale molti non avuto accesso. Il profitto è sempre al primo posto e la cupidigia è sua sorella. A scapito di tutto e su tutti. Riesci ad immaginare qualcosa di peggiore?
La mostra che vorresti fare?
Quella che smetta per sempre di farmi andare avanti a tentativi.
A chi daresti un premio?
A chiunque riesca a farci di nuovo provare speranza e fiducia nel futuro, per davvero!
L’artista del passato che più ti ha influenzato?
Caravaggio.
Tre cose che ami.
La prima non è una cosa, è la mia ragazza. I fumetti e la mia collezione di crani (d’animale).
Che cos’è per te contemporaneo?
Il caos strisciante, amorfo e nebbioso, un periodo che necessita di sedimentazione.
Progetti futuri?
Futuro? Ti lascio con una frase di Giovanni Succi (dei Bachi da Pietra) che descrive l’idea che ho di futuro: “Parenti da piazzare, culi da leccare, anelli da baciare, ingranaggi da ungere. Tutta roba feudale”.